
A Torre Annunziata, la meravigliosa struttura che conserva alcuni tra gli affreschi più belli dell’arte antica
In una mappa della rete viaria dell’Impero romano nota come Tabula Peutingeriana si legge il nome dell’insediamento che ha preceduto Torre Annunziata, città della provincia di Napoli: a poca distanza dalla costa era segnata Oplonti (o Oplontis), un agglomerato urbano tra Ercolano e Pompei.
Anche questo insediamento soffrì le medesime sorti dei centri meglio noti ed attualmente in luce per una estensione maggiore, venne seppellita dall’eruzione del Vesuvio che interruppe la vita della zona in un giorno di fine agosto del 79 d.C.
Oplontis condivide con Pompei, Ercolano e Stabiae e gli altri centri minori, ville signorili, ville agricole e strade, non solo la storia archeologica ma anche la storia del rinvenimento che si lega ai Borbone ed in particolare alla figura di re Carlo che volle intraprendere nel’700 una clamorosa avventura di riscoperta archeologica. Successivamente Oplontis – che raccoglie oggi le evidenze legate alla cosiddetta Villa di Poppea, una villa rustica attribuita a L. Crassius Tertius dedita alla produzione di olio e vino e nota soprattutto per le oreficerie rinvenute e uno stabilimento termale sito a Punta Oncino – è stata sistematicamente studiata a partire dal 1964. Tra questi siti l’unico che oggi apre le porte al pubblico è la Villa di Poppea indagata tra il 1964 e il 1984 e oggi parte dei Beni Patrimonio dell’Umanità Unesco insieme con Pompei ed Ercolano.
Splendido esempio di villa residenziale di epoca romana, risalente alla metà del I secolo dopo Cristo con successivi ampliamenti, era forse dedicata a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone.
La villa è ritenuta di proprietà di Poppea Sabina sulla base del rinvenimento di un graffito parietale menzionante Beryllos, personaggio della corte neroniana e dalla presenza del nome del servo di Poppea, Secundus, su un’anfora vinaria e su un piatto. Secondo un’altra interpretazione appartenne a M. Pupius Piso Frugi Calpurnianus, console nel 61 a.C.
La villa imponente e magnifica, con alcuni tra gli affreschi più belli giunti fino a noi dall’epoca romana, è uno degli esempi più grandiosi dell’utilizzo di tali strutture per l’otium, inteso come riposo culturale e pratica di formazione colta.
Già dall’ingresso dove la biglietteria accoglie il visitatore, si coglie un meraviglioso colpo d’occhio sulle strutture antiche, conservate anche negli alzati e restaurate nelle parti mancanti. Un viridarium precede la villa, e superando un primo portico colonnato si entra in un salone oltre il quale sono alcuni ambienti termali, la cucina, fino poi a raggiungere l’atrium, l’ingresso alla villa aperto sul mare e sulla strada. L’atrium, come di consuetudine nelle dimore romane, presenta la vasca per la raccolta dell’acqua piovana, l’impluvium.
Proseguendo verso est si attraversa il larario dove erano conservate le divinità protettrici della casa e della famiglia, si supera un altro viridarium (giardino) affiancato da tre porticati nel quale sono stati piantati degli alberi di alloro. Da qui si raggiunge la piscina della villa, lunga 61 x 17 metri, originariamente decorata da vegetazione e sculture.
Per raggiungere la Villa di Poppea: in Circumvesuviana, linea Napoli-Sorrento, fermata Torre Annunziata/Oplontis; linea Napoli-Poggiomarino, fermata Torre Annunziata/Oplontis; in auto: proseguire sull’A3, uscita Torre Annunziata sud voltare a destra e seguire indicazioni per l’area archeologica.