Si tratta del Martirio di Sant’Orsola esposto nelle sale di Palazzo Zevallos Stigliano
Il “Martirio di sant’Orsola”, l’ultimo capolavoro di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, oggi domina la Sala degli Stucchi di Palazzo Zevallos Stigliano – il sontuoso edificio che ospita l’omonima galleria museale e che fa parte del circuito delle Gallerie d’Italia di proprietà di Banca IntesaSanpaolo – che si affaccia sulla centralissima Via Toledo a Napoli, città che accolse questo genio indiscusso e lo celebrò come un innovatore poiché fu in grado di portare la pittura napoletana verso forme più moderne di espressione.
La tela, dipinta nel 1610, è conservata in quella che un tempo era la camera da letto del padrone di casa: si tratta di una stanza turchese, avvolta da una leggera penombra, perfetta per ammirare l’opera realizzata dal grande maestro a poche settimane dalla sua morte e nella quale possiamo scorgere i tratti di una vita, la sua, avventurosa e dissoluta.
Il quadro, commissionato da Marcantonio Doria, un nobile genovese, fu dipinto rapidamente dal Caravaggio che non realizzò nemmeno i disegni preliminari. L’artista era stato da poco aggredito dai maltesi al Cerriglio e aveva il volto completamente sfigurato per i ripetuti colpi di coltello. Stanco e debilitato, tuttavia non poteva smettere di lavorare e poiché aveva necessità di incassare al più presto i soldi della commessa, mise il quadro ad asciugare al sole per inviarlo a Genova il prima possibile, senza tener conto dei danni che avrebbe dovuto successivamente riparare.
Il quadro rappresenta Sant’Orsola che resiste alle lusinghe di Attila e per questo le viene inflitta la morte trafiggendola da una freccia. Tuttavia, analizzando l’espressione dello stesso Attila, è possibile già intravedere in lui una sorta di pentimento per l’eccessiva reazione che ha avuto nei confronti della martire che, una volta colpita, si piega su se stessa con un’espressione più di rassegnazione per il destino assegnatole che di reale dolore. La santa, inoltre, viene rappresentata con una carnagione molto più chiara rispetto a quella degli altri protagonisti della tela, alludendo alla sua prossima morte. Alle sue spalle si ritrae Caravaggio, sconvolto come solo può essere un uomo che è consapevole di venire trafitto anch’egli, prima o poi, dalla freccia ingiusta di una punizione certa. Una tenda pesante alle spalle chiude la scena di una presunta quinta, e vittime e carnefici vestiti di rosso si confondono allo sguardo dello spettatore.