Nel cuore di via Toledo a Napoli la galleria ospita grandi opere dei secoli ‘600 e ‘700
Il primo che raccolse una collezione d’arte presso il Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli fu il mercante fiammingo Giovanni Vandeneynden nel 1653, dopo averlo acquistato dal mercante spagnolo Giovanni Zevallos che l’aveva edificato a partire dal 1635. Nel 1688 fu la volta dei Colonna a detenere la proprietà dello splendido palazzo sorto nel cuore di via Toledo, centro pulsante della città di Partenope. Quella dei Colonna, principi di Stigliano dal 1716, era una delle più influenti famiglie aristocratiche di ambito romano e napoletano e decisero di affidare a Luca Giordano la decorazione di alcuni ambienti del grande appartamento nobiliare, oggi purtroppo perduta. In quei decenni la residenza fu al centro della vita aristocratica cittadina accogliendo spesso la nobiltà napoletana e la famiglia vicereale.
A questi anni d’oro seguì un periodo di acquisti, vendite e modifiche: a Carlo Foquet e ai suoi eredi, a partite dagli anni Trenta dell’Ottocento, si devono i cicli decorativi ad affresco e stucchi del piano nobile, affidati ai pittori Giuseppe Cammarano e Gennaro Maldarelli e allo stuccatore Gennaro Aveta.
Dal 1898 la Banca Commerciale Italiana cominciò una campagna di acquisizione del Palazzo che si concluse nel 1920 affidando all’architetto Luigi Platania l’adeguamento dell’edificio per nuove funzioni. Il grande cortile seicentesco venne trasformato in salone per il pubblico, il piano ammezzato aperto in balconate di gusto Liberty, l’intero soffitto trasformato in lucernaio vetrato in stile Belle Epoque e Floreale.
Per quanto riguarda la collezione, si raccontano nell’attuale museo le vicende artistiche del Sei e Settecento, dalla svolta naturalistica impressa agli inizi del secolo dall’arrivo di Caravaggio a Napoli fino ai fasti della civiltà borbonica. Tra le opere imperdibili il Martirio di Sant’Orsola capolavoro dell’artista (1610), Giuditta decapita Oloferne del fiammingo Louis Finson, il Sansone e Dalila di Artemisia Gentileschi, il monumentale Ratto di Elena di Luca Giordano e l’Ager nel deserto di Francesco Solimena.
Per la stagione artistica settecentesca si segnalano l’Allegoria della Pietà di Francesco De Mura e le opere di Gaspare Traversi La lettera segreta e Il Concerto; non manca una sezione della natura morta a Napoli dalla metà del Seicento e primo Settecento, tra cui Battista Ruoppolo e Giuseppe Recco.
Il percorso nella veduta e nel paesaggio inizia con Gaspar van Wittel, considerato uno degli iniziatori del vedutismo moderno. In esposizione le vedute della Scuola di Posillipo, le tele di Pitloo, i dipinti di Gigante, Fergola, Palizzi, Morelli. Dalla Scuola di Posillipo si passa naturalismo legato alla pratica en plein air, con procedimenti innovativi che ricordano quelli dei Macchiaioli e degli Impressionisti francesi, della Scuola di Resina. Termina l’esposizione Vincenzo Gemito con uno dei nuclei di opere più importanti dell’artista con terracotte, bronzi, disegni che documentano la parabola artistica che si intreccia con il dramma personale di un’esistenza minata da profondi squilibri psichici.
Oggi la galleria museale fa parte di Gallerie d’Italia di proprietà del gruppo Intesa Sanpaolo.