Viaggio attraverso le cantine e le tenute dell’azienda ultracentenaria nel cuore dell’Irpinia
Paladino dei vitigni autoctoni della Campania. Da sempre cura con grande attenzione alla qualità ed alle caratteristiche di vitigni come Aglianico, Fiano, Piedirosso, Greco, Falanghina e Coda di Volpe, utilizzando sistemi di allevamento in vigna e vinificazione in cantina atti ad evidenziare le caratteristiche distintive di ogni varietà.
Ecco a voi “Mastroberardino”. La sua attività inizia attorno alla seconda metà del ‘700, su un territorio ancora disabitato, l’attuale Atripalda in provincia di Avellino. I primi documenti risalenti alle iscrizioni alla Camera di Commercio risalgono al 1878 da parte del Cavaliere Angelo Mastroberardino, trisavolo di Piero, l’attuale presidente: è da qui che parte ufficialmente la storia di una delle aziende vinicole più importanti d’Italia.
La particolare morfologia del terreno con le colline irpine che variano di altezza tra i 300 ed i 600 metri sul livello del mare, assieme ad un microclima che offre sbalzi di temperatura anche di 20 gradi tra giorno e notte, rendono questo territorio unico: tant’è vero che le uniche tre zone DOCG della Campania sono concentrate qui: Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi.
Entrando nelle cantine di Mastroberardino, ciò che salta subito all’occhio è la grandezza e la varietà dei suoi prodotti. Dopo aver osservato i macchinari – un impianto da oltre 2 milioni di bottiglie l’anno – utili al processo di controllo, imbottigliamento, etichettatura e supervisione dei vini, ci si addentra nel cuore della cantina. Un universo di botti collocate in tre zone: la parte nuova, quella affrescata, scavata nel tufo e quella antica la cui pavimentazione è ancora costituita dai classici “vasoli” napoletani del 1700. Interessante e pieno di fascino storico e culturale anche il “caveau” con un archivio di oltre 200 bottiglie di annate che raccontano l’intero percorso della famiglia Mastroberardino, con alcuni esemplari, conservati gelosamente, risalenti addirittura al 1928.
Dopo aver “toccato con mano” la splendida realtà di Atripalda, attorno a cui ora sorge un caratteristico centro abitato, ci si sposta, accompagnati dall’agronomo di Mastroberardino Antonio Capone, nella principale tenuta della proprietà, centro di eccellenza dell’enoturismo, nel cuore dell’areale del Taurasi: Mirabella Eclano, al cui interno è collocato il “Radici Resort”, un complesso alberghiero, comprensivo di Spa, campi da golf, piscina e del “Wine Cellar”, una sala di degustazione che offre tutti i prodotti dell’azienda. Non unica, visto che, assieme a questa, ci sono le tenute di: Montemarano, Santo Stefano del Sole, Lapio, Pietradefusi, Montefusco, Santa Paolina, Manocalzati, Montefalcione, Tufo, Petruro Irpino, Apice ed ultima, quella di Pompei, all’interno del sito archeologico di portata mondiale.
Epicentro della produzione, della ricerca e della sperimentazione sull’Aglianico, questa tenuta si sviluppa su alcune colline, variamente esposta alla luce del Sole, con influenze vulcaniche che hanno conferito delle note particolari a tutti i suoi prodotti. L’Aglianico qui è la principale varietà di uva coltivata, con la presenza di alcune vigne vecchie oltre 40 anni e dedicate alla produzione del “Naturalis Historia Taurasi DOCG”, il prodotto più alto dell’azienda.
La tenuta di Mirabella è dedicata anche ad accogliere, su una superficie di 4 ettari, piante di ulivo utilizzate per la produzione di olio extravergine “Soleyon”. Ma sono anche altri i prodotti “CRU” dell’azienda, come il Radici, il Redimore Irpinia ed il Morabianca Irpinia; un connubio di prodotti che rendono la tenuta di Mirabella davvero unica nel suo genere. A partire dal suo albero di Gelse bianche, che ha dato il nome (Morabianca, ndr) ad uno dei suoi progetti: la conferma, dettata da Piero Mastroberardino nella sua intervista, di “prestare un occhio alla tradizione a patto che si abbia sempre la testa verso l’innovazione”.