Mens una, triplex vis: l’eredità lasciataci da Paolino di Nola

L’intervista a Maria Carolina Campone: uno straordinario saggio nella vita del teologo (e) mistico

Oggi facciamo un tour a Nola, in provincia di Napoli, ci accompagnerà in questo viaggio, un’amica speciale. La città di Nola, nell’immaginario di tutti, è legata indissolubilmente alla Festa dei Gigli: torri altissime, macchine votive decorate dagli artigiani della città e portate in spalla dai fedeli. L’evento ricorre ogni anno, nel mese di giugno, in onore delle figura del Vescovo Paolino.

Siamo però sicuri di conoscere le origini ed il significato dei “famosi” Gigli?

La prima attestazione risale al lontano 1514, ma la festa come noi la conosciamo, si sviluppa intorno al 700, quando cambia l’iconografia e cambia il culto di Paolino. Fino al diciassettesimo secolo, egli è visto come vescovo e monaco, ma nel 700 ci fu un’importante rivoluzione nel regno di Napoli, venne fondato il Pio Monte della Misericordia e fu commissionato un quadro ad un artista siciliano Giovan Bernardino Azzolino, raffigurante Paolino che libera uno schiavo. L’opera ancora oggi si trova lì, accanto alle sette opere di Caravaggio. Da quel momento in poi, Paolino viene associato alle opere di misericordia, di conseguenza, anche la Festa dei Gigli assumerà un altro significato” – le parole appassionate e amorevoli di Maria Carolina Campone, professoressa e studiosa, profondamente legata alla figura del Vescovo nolano.

“Le macchine da festa non si muovono solo in senso processionale ma compiono anche un giro su se stessi. Oggi a Nola, le macchine compiono delle evoluzioni in quei luoghi in cui nel 700, vi erano strutture volte all’accoglienza e al soccorrere gli ultimi. La prima evoluzione, coincide oggi con un negozio di scarpe, ma in quel posto c’era l’Ospedale di San Paolino che adempiva una delle opere di misericordia, quella di soccorrere gli infermi; un’altra evoluzione avviene dove c’erano prima le carceri, la città deputata ad accogliere, ripete questo rito raccontato da Gregorio Magno, secondo il quale Paolino a Nola fondò questo cenobio, i cui resti sono ancora visibili”.

Abbiamo conosciuto la dott.ssa Campone, grazie ad una nuova uscita di Graphe.it, “Mens una, triplex vis”, un saggio di straordinario interesse, per gli amanti della storia e dell’arte, ma anche delle antiche tradizioni. Attraverso un’attenta analisi, la scrittrice ci condurrà per mano, facendoci conoscere la reale natura e figura di Paolino.

Il ibro nasce perchè alcuni anni fa, nel 2016, è stato edito il nuovo Dizionario di Mistica, all’interno del quale ho curato molte voci, tra cui proprio quella di Paolino. Da allora, il pensiero di sviluppare un qualcosa che lo riguardasse, non mi ha più lasciata – continua – Avevo tra l’altro dedicato una serie di studi, anche alle Basiliche di Cimitile, durante il periodo universitario, conoscevo molto bene il sito. Il bello di Cimitile è puoi comparare le fonti scritte con quelle archeologiche, cosa piuttosto rara sia per l’antichità sia per il periodo cristiano. La figura di Paolino mi ha affascinato da subito”.

Maria Carolina Campone ci racconta, senza tralasciare alcun dettaglio, un uomo che ha saputo interpretare bene i tempi e anticipare, quasi come un profeta, le evoluzioni del mondo. Paolino di Nola, ha rappresentato quell’anello di congiunzione essenziale tra il mondo pagano e il mondo alto medioevale, strizzando sempre l’occhio all’arte, alla quale attribuiva un grande valore comunicativo.

La città di Nola, e non solo, ha ereditato tanto da Paolino. Egli ha compito scelte poco comprensibili a quel tempo, come lasciare tutti i suoi beni ai poveri, questa sua carità eversiva, ha aiutato a scardinare un economia già in crisi. Voleva progettare di ricreare un nuovo sistema sociale, la sua era una visione senza confini, del mondo e dell’essere umano. Perfino il ruolo della donna cambia con Paolino, assume una nuova forma” – conclude.

Ci sarebbe tanto altro di cui parlare, ma non voglio nulla di più, dico solo che alle volte, la curiosità e la passione possono portarci molto, molto lontano. Maria Carolina Campone, ne è l’esempio.

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