Lungo il viale centrale del bosco, la Statua del Gigante del II sec. d.C. alta ben cinque metri
C’è una collina a “Capo del Monte” che ha un polmone, un enorme polmone verde che si estende per circa 134 ettari, è un polmone reale, nobile ed antico. Fu luogo privilegiato di Carlo III di Borbone: è il Real Bosco di Capodimonte.
Utilizzato già dal 1735, è il luogo dove i sovrani spagnoli andavano a caccia e curavano anche lo spirito nella deliziosa chiesetta (oggi in restauro) dedicata a San Gennaro, patrono di Napoli, realizzata da Ferdinando Sanfelice. In questo bosco rigoglioso, tappeto di lecci, olmi, castagni e magnolie, si produceva tra il 1743 e il 1759, “l’oro bianco“, la famosa porcellana ricercata in tutta Europa.
L’Istituto Caselli, dove oggi si conserva l’antica tradizione artigianale, la Capraia, l’Antico Cellaio, la Vaccheria e la Fagianeria, sono alcuni degli antichi edifici che ricordano la vita produttiva e felice di un bosco concepito come prolungamento della Reggia borbonica. Sono discreti e timidamente nascosti tra l’intreccio di alberi, prati e lunghi viali. Oggetto di importanti restauri e riqualificazione, stanno tornando pian piano a nuova vita.
Ne è un esempio la Real Fagianeria fresca fresca di restauro per supportare gli interventi di emergenza sul territorio. È un enorme edificio giallo, oggi con i suoi 100 mq, chiamato anche la Casa dei Fagiani Forestieri perché ospitava pavoni reali e fagiani orientali che tanto deliziavano il Re Carlo durante le sue lunghe battute di caccia. Ogni viale riserva una sorpresa, non solo edifici storici ma anche statue antiche. La loro sistemazione definitiva, con una attenta cura degli spazi verdi, si deve a Conrad Friedrich Dehnhardt, botanico tedesco che visse a lungo a Napoli e che fu convinto fautore dei giardini all’inglese fatti di natura, paesaggio e romanticismo.
Lungo uno di questi vialoni romantici, il centrale, c’è una statua famosa, imponente, inaspettata. E’ la statua del gigante, più conosciuta come il Gigante di Capodimonte di marmo. E’ alta ben 5 metri e risale al secondo secolo dopo Cristo. Un enorme Telamone proveniente nientemeno che dalla Collezione Farnese, precisamente dal Palazzo Farnese di Roma, e collocata proprio qui da Ferdinando Fuga, altro architetto illustre che si occupò, nella seconda metà del ‘700, della sistemazione del bosco. In parte ricomposta dallo scultore Giuseppe Canart, sorregge una cesta con il suo enorme e muscoloso braccio. Nudità eroica, corpo perfetto, è un Gigante guardiano. Pare che non si sia mai mossa da questo viale. Col suo sguardo guarda lontano, sembra quasi voler ricordare che, a poca distanza, nella Reggia che domina la collina, ci sono altrettanti capolavori da scoprire ed ammirare.
Tutto parla d’arte, natura, architettura, scultura, lui lo fa all’ombra dei lecci.