Possessione, trafugamenti e falsi di antichità a Paestum

Reperti sequestrati provenienti da scavi clandestini in mostra nella sala “Cella” del Museo

Possessione, trafugamenti e falsi di antichità è la mostra allestita nella sala Cella del Museo Archeologico di Paestum, con reperti provenienti da sequestri. Oggetti senza più un contesto esposti in bella mostra nelle dimore di coloro i quali se ne sono appropriati per vie traverse, come il butto del vasaio divenuto soprammobile nella vetrina dello studio di un agricoltore che li ha con molta probabilità reperiti durante i lavori agricoli.

Perdendosi il contesto si perde anche il valore che diventa irrisorio non potendolo più riallacciare con una provenienza antica. In esposizione anche gli attrezzi utilizzati da tombaroli e commercianti di antichità, come ad esempio i metal detector: in una delle vetrine è presente infatti del materiale metallico, frammentario e illeggibile, sequestrato in casa di due individui che si aggiravano dentro le mura di Paestum con il metal detector.

In esposizione due lastre di una tomba della seconda metà del I secolo a.C. con una esposizione funebre e un bambino ed una Nereide; le lastre ed alcuni oggetti di corredo vennero abbandonati dagli scavatori clandestini nei pressi della tomba quando, costretti alla fuga, dovettero interrompere lo scavo a causa dell’arrivo delle forze dell’ordine. In un’altra tomba dipinta in esposizione si vede il metodo di asporto adoperato dai tombaroli, che hanno segato con una motosega la lastra nel tentativo di renderla più leggera nel trasporto.

In esposizione anche l’anfora lucana a figure rosse con Eros in volo ed Amazzonomachia ritenuta un falso ma di cui ne è stata confermata l’autenticità dai risultati della termoluminescenza, analisi condotta in occasione dell’esposizione.

Non mancano in esposizione anche i furti perpetrati ai danni del parco nel secolo scorso: le due teste virili recuperate dalle forze dell’ordine ed il recupero effettuato negli anni ’80 che ha visto protagoniste due statuine eburnee e una moneta d’oro trafugate dalle vetrine del museo e recuperate solo alcuni anni dopo grazie ad una collaborazione con la polizia elvetica. 


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