Inizio e fine delle costiere più celebri del mondo
La fila indiana taglia di netto la collina verde, sospesa tra il blu del cielo che s’innesta col cobalto del mare, il silenzio la circonda in una placida carezza, le urla giocanti delle bambine sembrano un soave canto che non rompe la quiete dell’animo. E’ il fotogramma di una meravigliosa giornata, trascorsa da un gruppo d’indomiti gastronauti, a Punta Campanella.
La giornata inizia tra le brume di Sant’Agata. Piccolo colle su Massalubrense, scrigno di giacimenti gastronomici unici e covo di sapienti trasformatori della natura in cibo.
Appuntamento per tutti all’azienda Agricola Le Tore.
Produttrice di un olio magnificato da premi per la sua qualità indiscussa. Qui ad attendere c’è Vittoria Brancaccio una vera e propria vestale di Gea, la grande madre. Che tratta la sua terra con una devozione maniacale, con un rispetto antico, come solo sa fare chi è conscio che quelle zolle donano ciò che vi s’impianta, ma quel dono va ricevuto e raccolto con il rispetto che si deve riservare al Divino. Ed è questa cura che crea la magia necessaria affinché quelle piccole olive Minucciole si trasformino in un olio sacro, piccante e amaro in un equilibrio delicato ed esaltante di medio fruttato. Con sentori erbacei e di piante aromatiche come quei cespugli di timo in fiore che spuntano in ogni angolo del podere. Vittoria, guida il gruppo, racconta, trasmette il suo amore per la terra, i saperi che ha scelto con saggezza di conservare e di tramandare fin dalle architetture del settecentesco casale. Una tradizione che si trasforma e s’innova, ma che chiama le vacche per nome, come quello della bianca Martina, fattrice possente e salubre. Che sovrasta con il suo sguardo altero, quegli scoscesi terrazzamenti coltivati a pomodori, carciofi, ortaggi, leguminose, agrumi e alberi da frutto come le meravigliose annurche della penisola con i loro alberi in fiore. Poi c’è lei, la vecchia e antica vite.
Cresciuta su piede franco, ma con libertà che gli incauti contadini del luogo si son concessi innestando varietà troppo differenti, e che oggi richiede un lavoro di selezione e riorganizzazione per produrre un vino all’altezza del nome dell’azienda.
A pranzo la comitiva si trasferisce al ristorante “Lo Stuzzichino”. Qui Mimmo De Gregorio cura una colazione che nella semplicità e bontà, è il giusto intermezzo di una sinfonia armoniosa. Il pesce bandiera gratinato con fiordilatte, l’ottima pasta patate e provolone del monaco, i freschissimi gamberetti di crapolla saltati con sale e pepe e una gustosissima delizia al limone, son tutti piatti semplicissimi ma realizzati con ottime materie, trattate con una cura certosina. Predispongono in modo sublime e allegro all’ultima parte della giornata, la discesa sino al lembo più incantevole ed estremo della terra delle Sirene.
Dalla piazzetta di Termini un sentiero agevole accompagna i viandanti in un Eden naturalistico senza pari. Tra panorami mozzafiato sospesi sul mare, con la costante vista dell’isola di Capri, attraversando agrumeti, boschi e poi dischiudendosi in una meravigliosa e verde collina, ci s’incammina così sino a un balcone naturale sulla splendida Baia di Jeranto e poi proseguendo sino alla torre Aragonese di Punta Campanella e al suo faro. Una passeggiata che è una scorpacciata di bellezza, un calarsi nel mito. Pian piano che il punto in cui la terra tocca il mare e i faraglioni di Capri si avvicinano, il silenzio diviene la culla di sogni e immaginazioni, con il sole che bacia i volti, sembra udire le giaculatorie delle Vestali di Minerva, dea incontrastata di questi domini. Gli sguardi s’incrociano, i sorrisi gioiosi creano legami inediti, possibilità di viaggi da compiere come novello Ulisse, in cerca di un “escobrimento” inebriante e nuovo.
La natura diviene una culla di sogni, di attenzioni, di curiosità. E’ qui la sinfonia di una bellissima giornata raggiunge il suo culmine, s’inerpica sino alla suprema armonia, tra i racconti del mito delle sirene, di vecchi marinai trasformatisi in trattori a forgiare quel cibo tipico, come un piatto di pasta e zucchini alla Nerano, servito lì sul mare e che saggiato con le labbra sapide di salsedine assume il sapore di un bacio scambiatosi d’improvviso e per passione.
Il calar del sole è in questa cornice una carezza ma anche una chiamata, a una risalita dura ma soave. Con la promessa di un ritorno, in una notte di luna piena d’estate, per ripercorrere quei sentieri guidati dalla Casta Diva, e a bagnarsi nel mare che luccica, a mirare in lontananza la luce della lampare che pescano i Totani. Vecchi e nuovi compagni di viaggio per rivivere nuovamente questa inebriante emozione.