Chiese in rovina e simbolismo, la storia del complesso edificato da San Guglielmo
San Guglielmo da Vercelli si ferma in Irpinia dove fonda prima Montevergine e poi l’Abbazia del Goleto nel 1128-1133 esempio di monastero doppio, ovvero ospitava sia le monache sia i monaci. Le monache si occupavano dell’amministrazione del convento con a capo una badessa. Qui venivano a monacarsi le ragazze dell’aristocrazia, tre sono le badesse passate alla storia, Febronia, Marina e Scolastica.
Disseminati nell’abbazia ci sono vari segni di esoterismo bianco come ad esempio un centro sacro che richiama la sacralità del luogo, la triplice cinta interpretata da alcuni come la stilizzazione del Tempio di Salomone a Gerusalemme o un punto di energia magnetica, la croce del Verbo che sembra richiamare alla mente anche quattro squadre.
Nel 1212 la badessa Febronia fece costruire la torre difensiva per difendere la vita delle monache, anche perché molte erano rampolle di famiglie aristocratiche. Nella torre sono stati riutilizzati frammenti di un mausoleo di un generale romano Paccio Marcello che comandava la VI legione sciitica. La torre è arricchita da alcune sculture simboliche: la mezzaluna legata al cristianesimo come luce e conoscenza, il volto di Dio, la cupola della roccia, la conchiglia legata a San Giacomo, il fiore della vita; i vari simboli sono legati a Gerusalemme e accrescono l’idea che qui potessero trovarsi i templari.
Il monastero era anche punto di sosta dei pellegrini che si recavano a Gerusalemme trovandosi sulla grossa direttrice viaria romana, la via Appia pertanto non si esclude la presenza di templari, di scorta ai pellegrini.
Il convento è stato abitato fino al 1515 con la morte dell’ultima badessa; il Papa nel 1506 chiuse il convento affidandolo ai monaci di Montevergine. Altro momento di splendore è stato il ‘700, quando negli anni 1735-45 è stata progettata la chiesa del Vaccaro poi crollata dopo il 1807 probabilmente per un terremoto. Attualmente è priva di copertura, ma conserva il fascino tipico dei ruderi diroccati. Il sarcofago di San Guglielmo doveva trovarsi sull’altare, successivamente spostato in chiesa, mentre i suoi resti sono stati spostati a Montevergine. Alcune tele della chiesa sono oggi conservate nella Chiesa Cattedral di Sant’Angelo dei Lombardi.
Nel 1807 Napoleone chiuse vari complessi monastici tra cui anche il Goleto, rimasto in stato di abbandono fino al 1973 quando Padre Lucio De Marino chiese il permesso di abitare al Goleto e diede il via al progetto di restauro del complesso, parzialmente depredato dall’uso come cava di materiali. Dopo il terremoto dell’80 iniziarono i restauri con la consulenza della Facoltà di Architettura Federico II.
Gioiello nell’Abbazia è la cappella di San Luca che si raggiunge attraverso una scala esterna dove si vede un corrimano a forma di serpente con un pomo in bocca, monito alla tentazione oppure, come vogliono altre tradizioni non legate alla visione cristiana, rappresenta la chiave della conoscenza. La chiesa fu fatta costruire nel 1255 dalla badessa Marina, come recita l’iscrizione sul fronte dell’arco (di un colore rosa tipico del calcare dell’Appennino lavorato da artigiani di origine sannita), per ospitare una reliquia di San Luca, forse l’ulna probabilmente conservata nell’altare interno (oggi si conserva il reliquario); vi compare anche la croce patente uno dei simboli più sacri ai tempari. Nel frontespizio c’è una figura leonina che nell’accezione cristiana rappresenta la forza cristiana. Dei numerosi affreschi che dovevano decorare l’ambiente resta solo traccia dell’affresco delle badesse Scolastica e Marina e alcuni episodi della vita di San Guglielmo. È probabile che tecnici della corte di Federico II abbiano lavorato nella cappella di San Luca, avendo dei rapporti con la badessa Marina. C’è una scultura di San Guglielmo con il lupo come vuole il racconto secondo cui tale animale sbranò il mulo del santo e successivamente venne ammansito oppure si lega alla trasposizione della tradizione pagana che vede il lupo come l’animale totemico degli irpini. La distribuzione spaziale ricorda le aule del Capitolo dove si riunivano per studiare i testi sacri. Nella parete rivolta a nord probabilmente era collocata la cattedra della badessa. In una delle colonne compare l’allegoria dell’albero della vita mentre nell’altra centrale alla base si vedono i topi che aggrediscono la colonna, ovvero il topo animale del maleficio può attaccare se ci si allontana dalla fede. Altra simbologia è legata al pavimento (oggi di restauro) ha 8 mattonelle per lato simbolo della rinascita nella tradizione cristiana come la base della colonna dell’albero della vita e l’alternanza del bianco e nero è spesso legata alla simbologia templare.
Sono visitabili anche gli antichi scolatoi con le varie aulette.
Attualmente vivono al Goleto i Piccoli fratelli di Jesus Caritas (1989) discepoli di Charles de Foucald, monaco missionario nel Sahara algerino.