Il complesso, al momento dell’eruzione del 79 d.C., non era stato ancora ultimato
Le Terme Centrali sorgono all’incrocio tra via di Nola e via Stabiana e si sviluppano sullo spazio di un intero isolato, l’insula 4 della Regio IX, che venne riutilizzato dopo aver spianato gli edifici preesistenti, probabilmente danneggiati dal terremoto del 62 d.C.
L’edificio termale voleva portare a Pompei i fasti delle terme imperiali di Roma alle quali si ispirava per la presenza di vaste sale illuminate da grandi finestre, vasche rivestite di marmo e grandi porticati, così come testimoniano le colonne, che non erano ancora state erette, e che oggi si possono ammirare nell’area della palestra.
Le Terme Centrali sono state scavate in tre fasi: nel 1817, nel 1836 e tra il 1877 e 1878. Al momento dell’eruzione del 79 d. C. non erano ancora state ultimate.
L’accesso era garantito da due ingressi principali, il primo a nord lungo la via di Nola, il secondo ad ovest lungo la via di Stabia. Nella parte occidentale è presente la grande palestra, nel settore orientale si trova il corpo di fabbrica con i vani termali preceduti da un edificio destinato ad attività commerciali. Da qui si entrava allo spogliatoio, al tepidario, al laconico e al calidario. Le sale per i bagni si presentavano molto più spaziose e luminose rispetto alle altre terme presenti in città. Manca invece la separazione tra parte femminile e maschile e si suppone che fossero previste fasce orarie diverse per donne e uomini.
Per fare spazio al grande complesso termale vennero abbattute alcune case. Nel corso dei lavori di consolidamento e restauro del Grande Progetto Pompei sono stati riportati alla luce anche alcuni mosaici pavimentali che appartenevano alle precedenti domus private e che si possono ammirare all’interno dell’ampio spazio della palestra.
Lo scheletro di un bambino
Proprio durante questi lavori è stato rinvenuto, nell’aprile del 2018, lo scheletro di un bambino di 7-8 anni. Un ritrovamento straordinario sia per la fortuita e inaspettata scoperta di un complesso termale già scavato nell’800, sia per la collocazione inusuale del corpicino rispetto alla stratigrafia vulcanica del 79 d.C.
Lo scheletro è emerso durante la pulizia di un ambiente di ingresso. Al di sotto di uno strato di circa 10 centimetri è affiorato prima il piccolo cranio e, in un secondo momento le ossa, disposte in maniera raccolta, che hanno permesso di formulare le prime ipotesi circa l’età del fanciullo che, in fuga dall’eruzione, aveva trovato ricovero nelle Terme Centrali.
La peculiarità del ritrovamento è che lo scheletro era immerso nel flusso piroclastico, un mix di gas e materiale vulcanico. Normalmente, nella stratigrafia dell’eruzione del 79 d.C. è presente nel livello più basso il lapillo e poi la cenere che sigilla tutto. In questo caso si doveva trattare di un ambiente chiuso dove il lapillo non è riuscito né a entrare né a provocare il crollo dei tetti, mentre è penetrato direttamente il flusso piroclastico dalle finestre, nella fase finale dell’eruzione.
Nel corso degli scavi che avvennero tra il 1877 e il 1878, lo scheletro doveva essere già stato intercettato, ma inspiegabilmente non fu scavato, forse perché lo strato vulcanico non permetteva la realizzazione di un calco.
Lo scheletro, oggi al Laboratorio di Ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei, è stato oggetto di indagini antropologiche, che vengono condotte in maniera sistematica fin dal ritrovamento dei reperti. La direzione del Parco Archeologico ha voluto, però, posizionare un calco dello scheletro proprio nel punto esatto del ritrovamento.