Zoppo e disperato, dalla Regio V i resti dell’ultima vittima di Pompei

La scoperta è avvenuta nell’area tra il Vicolo dei Balconi e quello delle Nozze d’Argento

La Regio V a Pompei continua a regalare ritrovamenti eccezionali: dopo gli affreschi dell’Amorino e dell’Adone Ferito, stavolta, scossa dai pennelli degli archeologi del Parco Archeologico, è volata via la polvere sui resti di una delle vittime della tremenda eruzione del Vesuvio del 79 d.C. 

Il corpo di un uomo è stato ritrovato tra il vicolo delle Nozze d’Argento e quello dei Balconi, tuttavia, poiché non è stato possibile farne direttamente un calco, gli studiosi hanno dovuto agire su tutto ciò che, attorno ai suoi resti, era ancora manipolabile con una certa sicurezza. 

Inoltre,come riporta l’Ansa, dalle analisi degli archeologi è stato appurato che l’ultima vittima dell’eruzione era affetta da un’infezione alla tibia di natura ossea che la portava a zoppicare, ragion per cui, probabilmente, l’uomoè fuggito quando, ormai, era troppo tardi.

Inoltre, sempre nel tentativo della fuga, è stato letteralmente investito da un masso che ne ha causato la morte e quasi ne ha spiccato la testa dal busto. Non sarebbe stato quindi il “semplice” shock termico a troncarne l’esistenza ma una vera e propria tragedia nella tragedia. Con ogni probabilità, la pietra è crollata dagli edifici vicini ed ha finito per travolgere il fuggitivo. 

Il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna ha dichiarato: “Un nuovo importante tassello alla storia di Pompei”. E in una nota ufficiale ha spiegato: “Questo ritrovamento eccezionale rimanda al caso analogo di uno scheletro rinvenuto da Amedeo Maiuri nella casa del Fabbro e oggetto di recente studio. Si tratta dei resti di un individuo claudicante, anche lui probabilmente impedito nella fuga dalle difficoltà motorie e lasciato all’epoca in esposizione in situ. Al di là dell’impatto emotivo di queste  scoperte, la possibilità di comparare questi rinvenimenti, confrontare le patologie e gli stili di vita, le dinamiche di fuga dall’eruzione, ma soprattutto di indagarli con strumenti e professionalità sempre più specifiche e presenti sul campo, contribuiscono ad un racconto sempre più preciso della storia e della civiltà dell’epoca, che è alla base della ricerca archeologica.”

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