Leda e il cigno. Agli Scavi di Pompei scoperta a luci rosse

I lavori nella Regio V continuano a regalarci grandiose scoperte e volti femminili e sensuali

Pitture raffinate e donne protagoniste dei miti più affascinanti del mondo classico. Sono queste le ultime scoperte dalla Regio V di Pompei che continua a regalarci storie inedite e preziosi tesori.

La recente scoperta, un affresco con Leda e il Cigno, si aggiunge ad altri raffinati affreschi riaffiorati dai lapilli in alcuni ambienti lungo via del Vesuvio. La scena non è inconsueta perché il mito è già ampiamente diffuso in altre domus e con diverse iconografie, sinonimo di una varietà artistica non indifferente all’epoca e nella stessa Pompei.

La donna è ritratta generalmente stante e non seduta come nell’affresco della Regio V e in alcuni casi l’episodio non coglie il momento dell’amplesso divino con il Cigno/Zeus. Tra le varie rappresentazioni si ricordano quelle della Casa del Citarista, della Venere in conchiglia, della Regina Margherita, di Meleagro, dei Capitelli Colorati o di Arianna, della Caccia Antica, di Fabio Rufo, della Fontana d’Amore.

Il mito racconta la storia dell’amore tra Giove, padre degli dei e Leda, bellissima moglie di Tindaro re di Sparta. Il congiungimento avviene però con la metamorfosi animale del dio che si trasforma in uno splendido cigno e dalla cui unione, doppia secondo le varie versioni, con il marito e con Giove, nasceranno dalle uova i gemelli Castore e Polluce (i Dioscuri), la bellissima Elena, moglie di Menelao re di Sparta e causa scatenante della guerra di Troia e Clitennestra, sposa e assassina di Agamennone, re di Argo e fratello di Menelao.

L’affresco riemerge da un cubicolo (stanza da letto) di una casa lungo via del Vesuvio, la stessa che ha già restituito all’ingresso la figura di Priapo che sulla bilancia pesa il fallo, durante i lavori di stabilizzazione e riprofilamento dei fronti di scavo.

Un ritrovamento “eccezionale e unico”, come anticipato all’ANSA dal direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna, perché il riferimento al mito greco, che pure a Pompei è abbastanza diffuso, non era mai stato trovato “con questa iconografia decisamente sensuale, che sembra guardare al modello scultoreo di Timoteo”, importante artista greco del IV secolo a.C.

La dimora, precisa il direttore, “è la stessa nel cui ingresso abbiamo trovato il ritratto di un priapo nell’atto di pesarsi il grande fallo“. Probabilmente “la dimora di un ricco commerciante, ansioso di elevare il suo status anche con il riferimento a miti della cultura più alta”.

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