Napoli. Il cuore seicentesco di Palazzo Albertini

In Via Santa Teresa degli Scalzi, il “nobile e magnifico” fu restaurato nel XX secolo dal grande architetto Roberto Pane

Via Santa Teresa degli Scalzi è una lunga strada degli inizi del XIX sec. che parla francese ed è controllata da due vedette. Da un lato l’alta cupola verde della chiesa dell’Incoronata del Buon Consiglio, dall’altro, a quota più bassa, la cupola maiolicata della chiesa di Santa Maria della Sanità. In mezzo un formicaio straripante di persone, attività commerciali, macchine, scooter e botteghe.

Santa Teresa è uno di quegli inferni cittadini semplicemente da evitare ogni qualvolta si è in auto ma, quando invece sei a piedi, allora la musica cambia. La lentezza è preludio di nuove e inattese prospettive e Santa Teresa diventa un altro straordinario museo a cielo aperto in cui perdersi.

Dalla chiesa seicentesca che le dà il nome, al Museo Archeologico Nazionale ai tanti palazzi nobiliari più o meno decadenti, questo è un horror vacui architettonico, spettacolare, inebriante. Perfino se guardi in alto scorgi su palazzi apparentemente anonimi targhe che parlano di storia e uomini illustri. Uno sguardo all’insù e apprendi che Giacomo Leopardi, poeta di Recanati che cantava la ginestra, visse e morí proprio in uno di questi palazzi, Palazzo Giura, nel 1837. Balconi consumati, panni stesi, portoni sgangherati, finestre e antenne, ovunque caotiche geometrie urbane. A piedi in questa via, ad ogni angolo scopri tesori nascosti.

Al civico n.76 di via Santa Teresa per esempio, circondata da una rara macchia di vegetazione, si trova uno dei tanti palazzi nobiliari: Palazzo Albertini di Cimitile. Ha l’aria un po’ snob ed austera tra tanti edifici popolari, manto giallo e grigio, ostenta al suo piano nobile stemmi e balaustre in marmo. Quasi si ha timore a varcare l’alto portone di legno, finché non incroci lo sguardo di un portiere gentile che accoglie e sorride chi entra. Si capisce che è abituato, questa dimora per fotografi e curiosi è la star da immortalare. Varcato l’ingresso non c’è più frastuono, sei entrato in un’altra epoca quella delle carrozze e del lusso.

Il palazzo “nobile e magnifico” ha infatti origini seicentesche e poco si sa delle sue controverse vicende architettoniche che parlano addirittura di un improbabile intervento dell’ architetto Carlo Vanvitelli nel 1753. Aveva una grande biblioteca con testi rarissimi ed una importante quadreria visitata, secondo le cronache, anche dal noto pittore inglese Charles Eastlake nell’800. Diversi furono anche i proprietari, dagli Acquaviva d’Atri agli Albertini di Cimitile, alla famiglia Marulli d’Ascoli fino alla famiglia Calabria tant’è che oggi, nel quartiere, qualcuno lo conosce proprio con il nome di Palazzo Calabria. Ma la vera bellezza del palazzo si nasconde proprio al suo interno, è l’incredibile scala degli inizi del ‘900. Ha pianta quadrata, unica rampa racchiusa tra pilastri legati a volta a crociera da fasce, ha la forma di un cuore ed un battito di ferro e marmo. Credo sia un unicum qui in città, e dire che di scale spettacolari ce ne sono davvero tante in ogni dove.


Mi siedo per qualche istante, il portiere mi lascia fare, la scala a cuore si trasforma in un divano e ha battiti. È la magnificenza dell’arte. Nel palazzo il tempo si è fermato e alcuni ambienti conservano ancora magnifiche decorazioni settecentesche ed ottocentesche. Nel xx secolo è stato profondamente restaurato dal grande architetto Roberto Pane e oggi è suddiviso in varie unità abitative.

Incredibile questa città: qui pure i palazzi hanno un cuore…
Torno sulla via di frastuoni, ma l’unico rumore che sento è solo un cuore di marmo che batte.

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    Via Santa Teresa degli Scalzi, Cimitile
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