In tour negli scavi tra mestieri, botteghe e officine
Il rinvenimento nel XVIII secolo dei siti sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ha permesso alla storia degli studi sull’antichità di aprirsi a nuovi aspetti mai approfonditi fino ad allora: la vita quotidiana delle popolazioni antiche con usi, costumi e abitudini comuni.
L’itinerario che proponiamo, da percorrere passeggiando attraverso le affascinanti rovine della città di Pompei, per qualche ora o poco più, vuole far scoprire al visitatore le attività commerciali, i lavori più comuni, anima e base della cittadina romana.
Entriamo da Piazza Anfiteatro, muniti di cartina alla mano, addentriamoci alla scoperta della città sepolta.
A pochi passi dall’anfiteatro troviamo il cosiddetto Foro Boario, ritenuto tale al momento dello scavo dal rinvenimento di ossa bovine, è in realtà un Vinetum, un vasto vigneto, in cui non solo sui tralci si coltivava la vite ma si vendeva anche il prodotto finito su dei banconi in muratura destinati ad accogliere gli avventori del vicino anfiteatro.
Le botteghe di via dell’Abbondanza
Da qui lungo via dell’Abbondanza, occupata esclusivamente da abitazioni ed impianti artigianali e commerciali, incontriamo la Casa di Pinarius Cerialis, il gemmarius, riconosciuto tale dal rinvenimento, all’interno di un ambiente laboratorio, di una cassetta contenente 114 pietre preziose, alcune delle quali non ancora lavorate. Sulla strada è collocata l’officina dei feltrai di Verecundus, riconosciuto in una scena affrescata che narra il ciclo di lavorazione del feltro, da cui si facevano vestiti, scarpe e mantelli e la caupona di Asellina, una delle tante tavole calde presenti a Pompei. Nella caupona è stato rinvenuto il servizio da bar quasi al completo, il focolare, i banchi e una locanda al piano di sopra. Un’altra caupona apparteneva a Sotericus, il cui nome compare nelle iscrizioni elettorali dipinte sulla facciata a sostegno del candidato Trebius Valens; a Sotericus è attribuita anche la proprietà del vicino panificio.
Nei pressi è l’officina del garum, il condimento più diffuso nella cucina romana ottenuto dalla macerazione di interiora di pesci in salamoia (una versione povera del garum sembra essere sopravvissuta nella colatura di alici prodotta a Cetara, in costiera amalfitana).
Proseguendo vi è il Thermopolium di Vetutius Placidus, altra bottega in cui facilmente ci si può imbattere in molti punti della città, una sorta di gastronomia dove si potevano acquistare e consumare pasti e bevande caldi conservati nei dolia (giare) incassate nei banconi in muratura. Si cita soltanto (è attualmente in restauro e interdetta alla visita) la fullonica di Stephanus, la lavanderia: una delle attività importanti di Pompei, in cui si provvedeva alla lavorazione della lana grezza, alla filatura, tessitura, tintura e lavaggio (con soda, acqua e orina, sostanze sgrassanti perché ricche di ammoniaca). Una pasticceria, una taverna e un panificio sono annesse alla casa del Citarista.
Il Lupanare
Lasciamo via dell’Abbondanza e saliamo verso nord in direzione del Lupanare. Oggettivamente il mestiere più antico del mondo, da lupa che in latino significa prostituta, l’edificio è ben organizzato con varie stanze e una latrina, decorato con affreschi con soggetti erotici in giusta armonia con l’ambiente.
I panifici di Pompei
Lasciamo il lupanare per dirigerci verso via degli Augustali e il Panificio. Uno dei 35 panifici rinvenuti a Pompei, con forno a legna e macine in pietra lavica. Un altro panificio si incontra dirigendoci verso l’uscita di Villa dei Misteri, la cosiddetta Casa del Forno, il primo panificio ad essere scoperto durante gli scavi. Da qui procediamo verso la Casa del Chirurgo, una delle più antiche di Pompei, di III sec. a.C., così chiamata dal rinvenimento di strumenti chirurgici in ferro e bronzo, sonde, forcipi ginecologici, cateteri e bisturi.