Cucina partenopea. La ricetta dello scarpariello

Il piatto realizzato con la pasta avanzata dal pranzo della domenica

‘O scarpariello figura ben nota nei “Quartieri Spagnoli”, da non confondere con ‘o solachianiello, che non avendo posto fisso girava con gli attrezzi per i vicoli cercando di salvare le scarpe dei poveri, che da tempo non erano più scarpe. ‘O scarpariello apparteneva al grado superiore della scala: aveva posto fisso, ‘o bancariello quasi sempre in un cortile. Si narra che le mogli e le figlie, abili rivettatrici ed orlatrici di pellami per scarpe, dovendo lavorare, preparavano un pasto veloce nell’intervallo, denominato per l’appunto “scarpariello”, secondo altri questo pranzo, essendo un piatto povero, si preparava con i prodotti avanzati che si avevano in casa o con ciò che regalava (quasi sempre formaggio) la gente che non poteva pagarlo.

Lunedì la giornata dello scarpariello

La giornata dello scarpariello era il lunedì, quando si raccoglievano le regalie e le si cucinavano insieme al ragù avanzato la domenica. I rigatoni al pomodoro erano parte integrante della cucina d’o scarpariello, sulla quale vent’anni fa scrisse Marco Guarnaschelli Gotti, giornalista e gastronomo, che ha dedicato l’intero suo lavoro alla ricerca e alla documentazione di una storia speciale come quella della gastronomia. Secondo il giornalista a Napoli c’era una vera e propria cucina dei “mestieri”.

portieri, per esempio, erano considerati i maestri del ragù, perché avevano tutto il tempo per sorvegliare le lunghe vicende della sua cottura, e, soprattutto, avevano qualche soldo per comprare i pezzi di carne necessari, le parmigiane di melanzane e di zucchine, i cuozzi di pane imbottiti di polpette e di cotiche, accompagnavano, nei loro viaggi, carrettieri, vatecari e cocchieri di carrozzelle.

E scarparielli, che sul fornello scioglievano la pece e i colori per le scarpe, tra una ciabatta e l’altra ripassavano a fiamma lenta la pasta “soperchiata” della sera prima o del mezzogiorno e la tiravano via al momento giusto, – il culmine della sapienza era nel cogliere questo attimo -, quando, a seconda della pietanza, la pasta “si arroscava”: in queste delicate azioni il pecorino svolgeva il ruolo fondamentale. E per di più proclamare che in questo piatto i vermicelli possono sostituire i maccheroni, è  una imperdonabile eresia.

Ingredienti per 4 persone

gr 400 mezzanelli,
gr 500 pomodoro del piennolo,
gr 100 parmigiano grattugiato,
gr 50 pecorino grattugiato,
1 aglio,
1 peperoncino,
1 cucchiaio di sugna fatta in casa,
basilico, sale, olio

Preparazione

Soffriggere nell’olio l’aglio assieme al peperoncino. Ad imbionditura, eliminare l’aglio. A seguire, dopo averli tagliati a pezzettini, aggiungere i pomodorini e a metà cottura di questi, aggiungere anche la sugna. Portata a cottura la pasta, scolata al dente riversala nella pentola del sugo. Mantecarla per qualche minuti aggiungendo in diversi dosi entrambi i parmigiani grattati. Impiattare con una spruzzata di basilico tritato.

Ovviamente, essendo un piatto legato alla tradizione, per degustarlo come Dio comanda dobbiamo addentrarci nel cuore di Napoli e tra i pochi ristoranti la cui carta ancora abbonda di piatti da ricette tipiche c’è “La Taverna dell’Arte”, abbarbicata sulle Rampe San Giovanni Maggiore, osteria davvero tipica, lo “scarpariello” è d’obbligo, ancora cucinato secondo i canoni della tradizione, magnificamente al dente, piccante e con sentore di aglio evidente, ad accompagnarlo sono giustificate soltanto la presenza di un pezzo di pane cafone e la benedizione di un rosso del Vesuvio che sia vigoroso e nello stesso tempo delicato, e che, soprattutto, sia l’anima autentica di uve autenticamente vesuviane. Per questo vi consigliamo un “Cantina del Vesuvio”, che nasce nel comune di Trecase in provincia di Napoli, nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio.

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