Su l’arida schiena del formidabil monte, il Vesuvio

Il vulcano campano, icona nell’immaginario collettivo, ispirazione per artisti e poeti e fertile terra produttiva

Il Vesuvio, il vulcano campano simbolo nell’immaginario collettivo della città di Napoli e di tutta la provincia, costituisce un colpo d’occhio di inconsueta bellezza nel panorama del Golfo di cui è parte integrante ma anche il fulcro principale.

Pianure fertili, vegetazione rigogliosa, clima mite, mare limpido e spiagge, questo il paesaggio che ha caratterizzato da sempre l’area intorno al Vesuvio, individuata già dai greci e dai romani come un luogo ideale per gli insediamenti antropici.

Sicuramente la cosa che più colpisce e impressiona è che il Vesuvio è l’unico vulcano attivo del tipo esplosivo ed effusivo in tutta l’Europa continentale. Attualmente è in stato di quiescenza dal 1944.

Il nome Vesuvio, dal latino Vesuvius, Vesevius, Vesvius o Vesbius, è di origine indoeuropea, da una base aues ‘illuminare’ o eus ‘bruciare’.

L’area in cui ricade è stata eletta a Parco Nazionale dal 1995 e coinvolge ben tredici comuni: Boscoreale, Boscotrecase, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Trecase.

La sua altezza è di 1281 metri (secondo l’ultimo aggiornamento) e la caldera è di 4 km di diametro. La caldera è ciò che è rimasto del vecchio vulcano, il Monte Somma, dopo l’ultima catastrofica eruzione del 79 d.C. che ha provocato il crollo del fianco sud-orientale dove successivamente si è formato il cratere attuale e la ben nota distruzione delle antiche città di Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabiae. Prima di quella data le popolazioni residenti nell’area ignoravano che il monte, coperto di orti e vigne, eccetto che per la cima, fosse un vulcano, nonostante all’epoca si avesse perfettamente contezza delle attività vulcaniche grazie anche all’Etna.

Tra le eruzioni precedenti al 79 d.C. degne di nota si menziona quella denominata Avellino, datata tra il 1880 e 1680, che ha lasciato tracce fino all’omonima città e che ha seppellito l’area dove oggi sorge Napoli.

Nel XX secolo la più grande eruzione fu descritta da Matilde Serao e Frank A. Perret nel 1906, la lava fu bloccata dalle mura del cimitero di Torre Annunziata ma la pioggia di cenere seppellì Ottaviano causando circa 300 morti. Dopo una nuova eruzione nel 1929, se ne registra ancora un’altra nel 1944 che distrusse Massa e San Sebastiano e cosparse di cenere molte zone del meridione. Quest’ultima eruzione è stata immortalata dai cinegiornali dell’esercito angloamericano che occupavano Napoli.

Dal 1997 il Vesuvio è tra le riserve mondiali della biosfera Unesco ed è costantemente studiato per la sua oggettiva pericolosità e per l’eccessiva densità abitativa dell’area circostante. Alla fertilità della terra vesuviana sono legate molte delle produzioni agroalimentari e vitivinicole della zona.

Sono numerosi i sentieri di visita attualmente messi a disposizione dei visitatori ma la zona maggiormente visitata è quella del Gran Cono da cui è possibile vedere l’antico vulcano Monte Somma separato dal Vesuvio dalla Valle del Gigante e il Colle Umberto su cui è la sede dell’Osservatorio Vulcanologico Vesuviano. L’Osservatorio Vesuviano risale al 1841, nato per volontà del re Ferdinando II, ha inaugurato la vulcanologia come disciplina scientifica. Il sentiero parte dal Piazzale a quota 1000 nel comune di Ercolano.

Sul Vesuvio è possibile vedere le serie vegetali che colonizzano le lave o il paesaggio delle colate laviche che risplendono del luccichio dei licheni, frutto delle eruzioni effusive. Il panorama che si coglie dalla cima del Vesuvio è di rara bellezza, uno sguardo che si perde sui comuni vesuviani gremiti di costruzione, su Napoli, sul mare, la penisola sorrentina e le isole.

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