Le cinque portate sono ispirate alla stanza riservata alla servitù ritrovata durante gli scavi della villa di Civita Giuliana
Quando si parla del cibo nell’antica Pompei, il pensiero corre veloce alle tavole riccamente imbandite durante i banchetti nelle dimore patrizie, che le fonti storiche hanno esaustivamente descritto. Meno noto, invece, è ciò che mangiavano gli schiavi che vivevano in una domus o di una villa pompeiana, al servizio dei facoltosi proprietari.
Allora ecco che, avvalendosi dell’attenta consulenza dello storico Flavio Russo, l’archeo-ristorante Caupona di Pompei, ha elaborato il Menù degli Schiavi, incentrato su quello che verosimilmente doveva essere il regime alimentare caratteristico delle classi servili dell’antichità: principalmente farro, quasi sempre accompagnato da altri cereali, ma anche ortaggi, verdure e legumi. E ancora: poca carne, ma più razioni di uova, frutta fresca e secca. Il tutto è stato poi “tradotto” in piatti moderni e gustosi dal patron Francesco Di Martino e dallo chef Giovanni Elefante.
L’idea è stata suggerita dal recente ritrovamento, nell’antica villa di Civita Giuliana a Pompei, di un nuovo ambiente in eccezionale stato di conservazione, identificato come la “stanza degli schiavi”, che ha offerto uno sguardo straordinario sulla realtà quotidiana della servitù.
Riguardo all’alimentazione, a differenza di un normale cittadino romano povero, lo schiavo godeva (si fa per dire) di almeno un pasto quotidiano garantito, di infima qualità, ottenuto con alimenti economici, ma non diversi da quelli coi quali si sfamava la plebe.
Il pasto consisteva in una razione di pane e un calice di “lora”(vinaccia diluita con acqua e spezie), forniti in modica misura con zuppe di verdure, uova e, soprattutto, frutta secca e fichi. Raramente agli schiavi era concessa la carne che, del resto, per secoli non fu presente in maniera significativa nella dieta romana. Quando ciò accadeva, agli schiavi venivano serviti gli scarti di animali come teste, code, zampe e interiora di asini, cavalli, agnelli, polli e di altri animali la cui carne era meno pregiata.
Di conseguenza l’alimentazione degli schiavi si basava su un alimento principale: il farro, al quale si aggiungevano cipolle, rape, uova, olive, fave secche o verdure fresche, a seconda della stagione. Con il passare dei secoli gli schiavi poterono mangiare di più (anche le carni), dal momento che era nell’interesse dei padroni nutrirli a dovere, in modo da garantirsi una maggiore produttività.
Il Menù degli Schiavi di Caupona, ispirato a quel regime alimentare e sviluppato dallo chef Elefante in 5 portate, presenta invece ricette rielaborate secondo il gusto moderno e si caratterizza per il sapiente abbinamento delle materie prime.
L’entrée è una focaccia con rosmarino, miele e curry. L’antipasto è la rapa scottata al Falerno, gallina faraona aromatizzata con spezie orientali e funghi porcini, uovo sodo al sesamo nero, epiterium di olive nere al coriandolo e rosmarino e lupini. La zuppa di lenticchie e farro, con sedano e carote, crostone al garum e polpetta di cavolfiore e ortica è il primo, mentre lo stinco di agnello brasato al vino Cecubo e stufato al coriandolo e ginepro, con verza, fave e noci è il secondo. Chiude il dessert: ricotta di pecora dolcificata con miele e carruba e fichi.
Lo scorso ottobre, inoltre, l’archeo-ristorante Caupona ha ricevuto a Venezia il “Quality Award Europeo 2021” di Skal International Italia: l’iniziativa ha avuto l’obiettivo di premiare progetti e aziende che hanno sviluppato il tema della Sostenibilità dei flussi turistici.
Skal International Italia fa parte di Skal International, la più grande organizzazione di professionisti di viaggi e turismo del mondo che abbraccia tutti i 32 settori dell’industria. È stata fondata come associazione internazionale nel 1934 ed è riconosciuta dal WTO.
Il presidente del Club Skal Pompei Ercolano Stabia, Salvatore Visciano, ha dichiarato: «Esprimo piena soddisfazione per il premio ricevuto da Caupona, che con la sua attività di riproposizione dei cibi dell’antica Pompei è artefice anche di un turismo esperienziale. Questo premio è di buon auspicio, in un momento in cui turismo vive giorni non facili a causa della pandemia. La speranza è che questo torni ad essere un territorio protagonista del rilancio e catalizzatore di nuovi flussi turistici».