La storia di Pietraroja e del suo prosciutto

Un tipico prodotto beneventano, dal colore rosso cupo e dall’aroma delicato

Pietraroja (o Pietraroia) sorge sulle pendici di Sudest del massiccio montagnoso del Matese, nell’Appennino meridionale, è un comune di montagna con meno di 600 abitanti sito al confine con il Molise, dista circa 50 km dalla città di Benevento. Il nome “Pietraroja” deriverebbe dal latino “petra ruens”, terra che scorre, ossia con località interessate anche da frane, infatti alcuni movimenti franosi ancora  oggi  interessano  certe  zone.

Pietraroja è sicuramente un paese antichissimo. Sulle sue origini si è scritto che esso deriverebbe da un piccolo villaggio sannitico di oltre 2.000 anni fa, fondato in seguito alla distruzione dell’antica città di “Telesia”, intorno all’85 a.C., da parte del console romano Lucio Cornelio Silla, che volle punire non solo Telesia, ma anche altri centri sanniti, che avevano appoggiato con uomini armati il console Caio Mario proprio contro Silla nella guerra per la conquista del potere di Roma.

Parte dei Telesini, scampati alla morte, cercarono rifugio verso Nord, sui monti del Matese, dove fondarono un piccolo villaggio (la prima “Pietraroja”) nella zona attualmente denominata “Case Vecchie”, che è una zona piuttosto distante, e in basso, dall’attuale centro abitato. Distrutto il villaggio della località “Case Vecchie”, da una calamità naturale (non si sa bene se terremoto o alluvione), ne fu costruito un altro (la seconda “Pietraroja”) dove si trova parte dell’attuale centro abitato e cioè a  830 metri di altitudine.

Le principali attività riguardano la pastorizia con produzione di eccezionale formaggio a lavorazione artigianale agnelli, l’allevamento vaccino per produzione di caciocavalli (“casecavàgli” in dialetto, forme ovali di formaggio, legate a coppie con una corda e appese a pertiche orizzontali per la stagionatura) e carne e l’allevamento di suini da cui si ottengono, dopo essiccazione al freddo e al fumo e successiva stagionatura, i salumi e i prosciutti di cui va famosa Pietraroja.  I prosciutti di Pietraroja sono rinomati da secoli: nel 1776, il Duca di Laurenzana di Piedimonte, commetteva una fornitura di “Prigiotta” da Pietraroja.

Nel 1917, Antonio Iamalio, nella sua descrizione della provincia di Benevento “Regina del Sannio“, narrando di Pietraroja, scrisse: “Fiorente vi è principalmente l’allevamento dei suini, donde i rinomati prosciutti di Pietraroja”. Gli antichi sistemi di lavorazione, il clima caratteristico e la finezza dell’aria di montagna, fanno di questo salume un prodotto unico dall’aroma delicato e inconfondibile.

Dalla forma classica e dal peso medio variabile dai 9 ai 13 Kg., ha un tipico colore rosso cupo. Il leggero stato di grasso, di colore bianco latte, che lo ricopre al di sotto della cotica, ne esalta le qualità organolettiche.

I cosci di suino vengono messi sotto sale per circa un mese a seconda del loro peso; dopo questo tempo vengono spazzolati dal sale e messi sotto pressa per 48 ore per favorire la fuoriuscita dell’acqua e del sangue. Passano poi in cucina per una breve asciugatura di quattro giorni che farà gonfiare un po’ i prosciutti che finiranno ancora sotto pressa per altre 48 ore. Questa operazione della pressatura, per i prosciutti di peso superiore ai 15 Kg, può ripetersi fino a quattro volte. Dopo ogni pressatura il prosciutto torna in cucina a completare l’affumicatura.

Con i primi caldi essi vengono insaccati in tasche di rete perché le mosche non vi annidino e passano in cantina per la definitiva stagionatura che si concluderà dopo due anni la pratica che tipicizza questo prodotto cioè la stagionatura, effettuata nei sottotetti di legno coperti con tegole in terracotta e attraversati dalle canne fumarie dei camini a legna. Le caratteristiche di questi locali sono tali da garantire un microclima con un’adeguata circolazione di aria ed una temperatura costante.

Ideale da gustare a tocchetti, il suo profumo è lieve, il gusto leggermente salato, la consistenza particolarmente morbida, in abbinamento Svelato, Falanghina Sannio Doc (2015), Terre stregate, un colore paglierino brillante, al naso intenso e ricco che richiama la rosa, il frutto giallo, le spezie e la vaniglia, al palato ampio, prorompente ed agrumato, in perfetta sintonia con un prosciutto così ricercato.

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