Pompei. Individuate sei vittime in una stanza della Casa con Giardino

Gli abitanti della domus avevano trovato momentaneo rifugio durante l’eruzione

Doveva essere il luogo della salvezza, l’angolo più interno della Casa con Giardino di Pompei e invece l’ondata piroclastica ha colto lì sei individui rifugiatisi per scappare dall’eruzione del 79 d.C.

Riaffiorano così, in un cubiculum, i resti scheletrici di sei persone che purtroppo, oltre all’orrenda morte, hanno dovuto subire anche uno sconvolgimento causato dalle azioni di antichi tombaroli.

Ancora in sito, gli archeologi hanno individuato, non in connessione, il cranio di una delle vittime, schiacciato dalle tegole del tetto e, accanto, gli arti inferiori e superiori di un altro individuo con addosso ancora piccoli oggetti stretti tra le mani e sfuggiti al saccheggio.

Gli abitanti della casa avevano trovato momentaneo rifugio durante le prime fasi dell’eruzione, quella con la caduta dei lapilli, ma la stanza e altri ambienti hanno poi ceduto alle correnti piroclastiche che provocarono il crollo del tetto e della parte superiore del muro nord dell’ambiente.

Gli scavi recenti della Regio V hanno permesso di individuare nell’abitazione la presenza di uno o più cunicoli, addirittura forse anteriori agli scavi ufficiali del 1748, che hanno causato si lo sconvolgimento degli scheletri, ma hanno permesso di documentare con grande dettaglio la storia di uno scavo antico, completamente differente dall’approccio stratigrafico moderno ma pur sempre fonte primaria di notizie e dettagli di epoche passate.

La Casa con Giardino restituisce così un ulteriore spaccato di vita e di morte in un’area di Pompei ancora parzialmente indagata e che sta già riservando preziose informazioni per la storia antica della città.

L’abitazione, ricordiamo, presenta su una parete un’iscrizione in carboncino che sta dividendo studiosi e appassionati per la presenza di una data che porterebbe ulteriori indizi e non la prova definitiva della tesi autunnale dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., proprio per il materiale utilizzato nella scrittura poco resistente al tempo.

Antonio Varone, epigrafista e pompeianista, in una prima lettura  aveva così letto:

XIV (ante) k(alendas) Nov(embres) in [d]ulsit pro masuri esurit[ioni] – “Il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”.

Differentemente, la Prof.ssa Giulia Ammannati della Scuola Normale di Pisa legge dopo la data: “IN OLEARIA/ PROMA SUMSERUNT […]” cioè “hanno preso nella dispensa olearia […]

Ulteriori sviluppi saranno forniti dal Parco Archeologico di Pompei, man mano che gli esperti potranno leggere sul campo l’iscrizione.

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