
Sulla parete di fondo del giardino è possibile ammirare la grande scena di caccia
Una serie di iscrizioni lette sulla facciata esterna della Casa dei Ceii ha permesso di attribuirne l’ultima fase abitativa a Lucius Ceius Secundus (Lucio Cecilio Giocondo), edile nel 76 d.C. e candidato alla carica di Duoviro due anni dopo; se corretta, l’ipotesi ricondurrebbe a quella fase di grande mobilità sociale che caratterizzò Pompei dopo il terremoto del 62 d.C. e che portò la gens dei Ceii, di antica origine osca ma fino ad allora non appartenente all’élite pompeiana, a ricoprire alte cariche pubbliche.
La Casa dei Ceii fu scavata tra il 1913 e il 1914 e rappresenta uno dei rari esempi di dimora antica di età tardo-sannitica (II sec. a.C.).
L’abitazione, tuttavia, non rientra nel tipo della domus aristocratica, il cui possesso era considerato necessario per accedere alla carriera politica, ma si attesta, piuttosto, come una casa di livello medio del II secolo a.C.
La facciata della domus risulta improntata a una certa severità con riquadri di stucco bianchi e alto portale coronato da capitelli cubici e raffinata cornice a dentelli. Il corridoio di accesso conserva ancora il calco del portone originale e immette nell’atrio tetrastilo dove le quattro colonne rivestite di stucco sorreggono il portico dell’atrio e incorniciano la vasca dell’impluvio realizzata con frammenti di anfore disposte di taglio secondo una tecnica diffusa in Grecia e che a Pompei è solo presente qui e nella domus della Caccia Antica.
Un prezioso tavolo di marmo con piedi leonini e una raffinata vera di pozzo sono stati ricollocati nella loro sede originaria, accanto alla vasca dell’impluvio dove è anche visibile, lì vicino, il calco di un armadio di legno. Una parete a graticcio scherma alla vista la piccola scala in muratura e legno che permetteva l’accesso agli ambienti del piano superiore.
Sulla parete di fondo del cosiddetto giardino è possibile ammirare la grande scena di caccia con animali selvatici ed esotici; qui, lo sguardo del visitatore si perde tra paesaggi egittizzanti popolati da pigmei e animali del Delta del Nilo, soggetti che spesso ricorrono in altre domus pompeiane per creare un’illusione prospettica e per aprire gli spazi verso uno scenario idilliaco sacrale.
Probabilmente, il tema delle pitture testimoniava il legame e un interesse specifico del proprietario con il Collegio degli Isiaci e con il mondo egizio, moda particolarmente diffusa a Pompei negli ultimi anni di vita della città. Il grande affresco sarà presto oggetto di un intervento di restauro che sarà eseguito sotto gli occhi del pubblico.