Storia ed abbinamento perfetto del formaggio fresco più famoso al mondo
Il “Fior di Latte”, formaggio a pasta filata prodotto con latte vaccino, è il formaggio fresco più famoso nel mondo. Prodotto di assoluta tipicità, parte integrante del patrimonio lattiero caseario di tutto il Mezzogiorno d’Italia, anche se quello originale è solo di Agerola, cittadina le cui origini risalgono all’epoca pre-romana; nota già ai tempi di Galeno per la produzione di “latte molto salutare”.
La storia geologica di Agerola comincia circa 200 milioni di anni fa: le più antiche tracce di presenza umana risalgono all’Età del Bronzo. Ritrovamenti archeologici attestano, poi, che in epoca romana imperiale vi furono diverse “ville rustiche” (fattorie forse legate al “pagus” di Stabia) che coltivavano la parte pianeggiante della conca agerolese. Una probabile eredità di quella fase è il toponimo “Memoranum” (oggi Bomerano) che poteva indicare le terre e la fattoria di un tale Memor.
L’eruzione vesuviana del 79 d.C. coprì l’area con circa un metro e mezzo di pomici, segnando una fase di crisi. Ma la ripresa agro-pastorale fu relativamente rapida; tant’è che circa 100 anni dopo Galeno, uno dei padri della medicina, elogiava le proprietà benefiche del latte prodotto sui Monti Lattari.
Il “Fior di Latte” comunemente chiamato “mozzarella” non è da confondere con la mozzarella nel senso stretto, che identifica il formaggio a pasta filata fatto esclusivamente con latte di bufala campana. Il “Fior di latte”, invece, è un tipo di formaggio fresco a pasta filata, prodotto con latte di vacca intero con la stessa tecnica che si usa per la mozzarella di bufala. La forma può essere sferoidale, con peso da 20 a 250 gr e diametro di 15-30 cm, eventualmente con testina, o a treccia, con peso fra i 125 e i 250 gr. È privo di crosta ma ricoperto da una sottile pellicola liscia e lucente, di colore bianco latte. Ha struttura fibrosa, costituita da più foglie sovrapposte, e rilascia al taglio e per leggera compressione, un liquido lattiginoso. La pasta ha un sapore caratteristico di latte e panna gradevolmente acidulo.
Le principali fasi di lavorazione sono il riscaldamento del latte, la coagulazione attraverso aggiunta di caglio di vitello; l’aggiunta, durante la coagulazione di sieroinnesto (derivante dalla lavorazione di latte vaccino crudo dell’area di produzione); la rottura della cagliata e successiva maturazione, l’aggiunta di acqua quasi bollente durante la vera e propria filatura, la mozzatura a mano o meccanica, il raffreddamento in acqua, la salatura ed il confezionamento. Come per tutti i formaggi a pasta filata, occorre stabilire il momento più adatto per l’inizio della filatura, che rappresenta senza dubbio la fase cruciale della lavorazione nella quale è decisiva l’esperienza e l’abilità del casaro.
Sono due i fattori che caratterizzano il “Fior di latte” prodotto sui monti Lattari: l’impiego di latte crudo, proveniente in parte da vacche della pregiata razza agerolese, in parte da frisone, e la filatura notturna. Il processo di acidificazione, durante il quale la cagliata si arricchisce di quei fermenti indispensabili per lo sviluppo del sapore del prodotto finale, avviene in modo naturale e dura ben 12 ore: è soprattutto questa la caratteristica che conferisce al fior di latte di Agerola la sua tipicità.
Si consuma freschissimo, al naturale o per cucinare. Ottimo accompagnato da prosciutto crudo e olio o in insalate. Tipica preparazione estiva è la “caprese” che vede il fior di latte e i pomodori conditi con origano, basilico e un filo di buon olio extravergine d’oliva. Meno umida e più filante della mozzarella di bufala, è condimento fondamentale e tradizionale di pizze, calzoni e panzerotti.
Tra le preparazioni più gustose non si può non citare la “mozzarella in carrozza“: un gustoso antipasto, tipico della tradizione campana, in cui la mozzarella viene fritta all’interno di due fette di pane in cassetta precedentemente passate nell’uovo e nel pane grattato.
Come sceglierla per mangiarla al naturale? La superficie esterna della mozzarella deve risultare bianca e lucida, il siero di conservazione deve essere il più limpido possibile senza la presenza di residui, una volta tagliata, dovrà rilasciare del liquido e l’interno dovrà apparire elastico e privo di bolle nella pasta.
Si abbina a vini bianchi giovani, come quelli Irpini, dove, tra le colline di Castelfranci, in terreni dalla composizione assolutamente unica e da vigneti straordinari per anzianità e tipologia di impianto, trae origine uno spettacolare Coda di Volpe doc 2011, Cantine Perillo, disponibile in limitatissime quantità. Prodotto secondo antiche tradizioni contadine con metodi naturali. E’ un vino elegante, fruttato, equilibrato ed armonico, dal sapore secco e dal colore giallo paglierino. Perfetto ad una temperatura di circa 10° C.