Libri. Verso Napoli, il viaggio intimo e culturale di Antonio Santacroce

Un tour nell’aldilà con Massimo Troisi, un richiamo alla Sirena Partenope e un inno alla libertà

“Sono di Napoli, precisamente di Fuorigrotta, quartiere Cavallereggi d’Aosta, classe ’67 e da che ho memoria sono appassionato di tutto ciò che riguarda la mia città, la sue tradizioni, il suo aspetto letterario e culturale. Fin da bambino sono cresciuto con le poesie di Totò, le commedie di Eduardo e naturalmente con la maglia del Napoli” – si definisce un napoletano pieno Antonio Santacroce, che in maniera veramente spontanea si racconta in un turbinio di emozioni e passioni.

A diciannove anni iniziai a lavorare in banca, ma il mio lavoro è quanto di più lontano ci possa essere da quelli che sono i miei interessi reali. Ho pubblicato il mio primo libro “Verso Napoli” a cinquant’anni, grazie alla Casa Editrice Mreditori. È un vero e proprio omaggio alla città, oltre che un racconto di me stesso, a dire il vero, la mia storia e quella di Napoli si fondono e confondono”.

L’esordio di Antonio avviene in età adulta, in poche pagine ha raccolto tanto e di più. Come se fosse un’esplosione di sentimenti. Ma in che modo si alimenta un’ amore per cosi tanti anni e come ci si sente a tenerlo chiuso in un cassetto? Santacroce ci racconta la sua via di fuga.

Da ragazzo esprimevo la passione in parrocchia, facevo teatro con i ragazzi più piccoli del catechismo. Quello che allora erano le bozze di alcune di quelle sceneggiate, sono oggi diventati racconti nel mio libro. Ho cominciato pian piano a scrivere solo per me, all’inizio mi bastava. Più in la con gli anni, alla presentazione del libro dell’amico Giovanni De Gennaro, c’è stata la svolta. Ho raccolto il tutto, anche la fiducia di Giovanna della Casa editrice”.

Antonio Santacroce ha scritto un libro assolutamente autobiografico, la sua personalità e la sua storia, sono in ogni pagina del testo, e lo si percepisce a mano a mano che si prosegue nella lettura. Verso Napoli, non indica un mero spostamento fisico e geografico, ma piuttosto morale e mentale. Un avvicinarsi alla città, un andarle incontro, per scoprire e comprendere a pieno il suo modo d’essere.

“Nelle prime pagine del libro, invoco la sirena Partenope, chiedo forza e coraggio a colei che rappresenta la madre della città. Questa introduzione l’ho scritta nel periodo dell’emergenza rifiuti, era un momento di crisi vera c’era bisogno di una guarigione per Napoli. Nel libro sono presenti metriche, quartine e qualche racconto più lungo, ma ci tengo a precisare che ho mescolato l’italiano al dialetto napoletano”.

Lo scrittore si affida nel suoi racconti ai maestri dell’arte in ogni sua forma, a coloro che in un certo senso hanno segnato e accompagnato la sua vita fino ad oggi. Ma il cuore del libro è racchiuso nel racconto “E ttre port”,

“Si tratta di una piccola Divina Commedia, io viaggio nell’aldilà accompagnato da Massimo Troisi – il mio Virgilio – e vado alla ricerca dei miei affetti. Ecco, in quel racconto c’è racchiuso un po’ tutto il mio trascorso, le mie scelte di vita”.

Antonio ci racconta, in poco più di cento pagine, quanto la scoperta di Napoli, come quella di se stessi, rappresenti un viaggio molto lungo. Un viaggio che necessariamente attraversa gioie e dolori. Un camminare e uno stare al passo che diventa più leggero quando trova parole per esprimersi.

Un foglio bianco ci consente la totale apertura. Metto me stesso nella penna, ho manifestato la libertà in ogni racconto scritto, io credo che solo attraverso la scrittura riusciamo ad essere sinceri”.

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