Il bacio eterno dei Casti Amanti di Pompei

Una delle insule più interessanti costituita da domus e botteghe

Un bacio casto e leggiadro, quello della coppia raffigurata nel quadro della parete centrale di un triclinio (stanza da pranzo), tra le immagini più note di Pompei. Numerose le vicende dell’insula che da quel bacio prende il nome, i Casti Amanti, scavata a più riprese, oggetto di interventi di restauro e fruizione, nuovamente chiusa per anni ed oggi in attesa di un restauro definitivo che la restituisca al pubblico.

Ci si passa dinanzi all’insula dei Casti Amanti passeggiando lungo il decumano più noto della città antica, la via dell’Abbondanza e si avverte immediatamente la particolarità della struttura che conserva in alcuni punti anche i secondi piani. Probabilmente in restauro al tempo dell’eruzione del 79 d.C., gli edifici scavati un panificio ed una domus erano in sistemazione per quanto riguarda gli impianti idraulici (liberazione delle fosse settiche danneggiate da un terremoto avvenuto qualche giorno prima dell’eruzione) e decorativa (ridipintura di un grande oecus all’interno della casa – da cui il nome i Pittori a lavoro).

Del panificio restano le macine ed il forno di cottura ed anche gli scheletri dei muli ed un asino rinvenuti nella stalla ed utilizzati per azionare le macine. L’insula rappresenta un laboratorio prezioso per lo studio dell’impatto dell’eruzione avendo permesso il recupero di mura completamente divelte dalla furia eruttiva.

Tra le scoperte più significative certamente il triclinio, probabilmente connesso con il panificio, in cui vi sono tre quadretti rappresentati sulle pareti principali con scene di coppie distese su triclini impegnati in banchetti in diverse stagioni dell’anno: quello estivo vede la coppia impegnata nel languido bacio a cui si deve il nome convenzionale dell’area.

In un grande oecus si vede la decorazione parietale interrotta al momento dell’eruzione, resta la sinopia e sono stati trovati anche i vasetti con i colori utilizzati dai pittori a lavoro ed infine il triportico che inquadrava il viridarium all’interno del quale era una fontana abbellita da una statuetta marmorea di fanciullo sulla quale si conservano tracce di dipintura.

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