Storia, lavorazione e abbinamento del prodotto tipico della valle irpina
“Est locus Italiae medio sub montibus altis, nobilis et fama multis memoratus in oris, Ampsancti valles” .
“Ampsanctus” o “Ansactus”, oggi Valle d’Ansanto è stata celebrata da autori latini, tra cui Virgilio, il quale nell’Eneide la collocava al centro dell’Italia e ne faceva la sede della porta dell’aldilà. Questa zona è la terra del Carmasciano.
La Valle d’Ansanto è la zona compresa tra i comuni di Rocca San Felice, Frigento, Torella dei Lombardi e Villamaina, in provincia di Avellino. Una depressione del terreno con un laghetto ribollente, piccoli vulcani di fango ed esalazioni gassose, ne fanno un luogo misterioso e, nello stesso tempo, di grande interesse scientifico. È la Mefite, o Mofeta, nome che indica sia l’antica divinità pagana, venerata dalle popolazioni sannite come dea mater della vita e della morte, sia il fenomeno paravulcanico.
Questo piccolo paese sorge sulle pendici del poggio roccioso dove, fin dal periodo della dominazione normanna, è impiantata la rocca difensiva da cui prende il nome. Composto dalla torre restaurata dopo il terremoto del 1980 e da un recinto murario in pietrame all’interno del quale scavi archeologici hanno portato all’individuazione di una serie di ambienti di servizio alla torre ed unità abitative, l’imponente fortilizio domina l’intero territorio grazie ad una posizione altamente strategica. Ai piedi dell’altura si sviluppa tutto il centro antico del paese.
Una delle case del borgo ospita il ristorante – museo, qui un gruppo di giovani propone gastronomia locale con menu stagionali e tematici nei quali un posto di rilievo è assegnato al pecorino Carmasciano. Infatti, in queste terre caratterizzate da pascoli naturali ricchi di essenze spontanee aromatiche, si allevano le pecore da tempo immemorabile; e così via da tempo immemorabile si trasforma il latte in formaggio.
Alcune antiche usanze legate alla produzione ed alla trasformazione del latte si sono conservate fino ad anni recenti, compreso l’uso di strumenti e attrezzi; di altre resta la memoria, come nel caso della “catarina”, uno strumento particolarissimo legato alla turnazione, cioè un’arcaica forma di associazionismo: gli allevatori di uno stesso territorio consegnavano il latte prodotto ad uno solo di loro che, a turno, provvedeva alla trasformazione. Per misurare il latte prodotto da ciascun allevatore si usava la catarina, un bastone provvisto di tacche come unità di misura. Questa usanza rappresentava per gli allevatori un importante momento di aggregazione e garantiva anche ai più piccoli la possibilità di caseificare.
Conosciuto semplicemente come Carmasciano questo pecorino è un formaggio prodotto con il latte pecora laticauda, dalla coda larga: una specie a rischio di estinzione presente soltanto sull’appennino campano. La sua produzione è molto limitata, fatta da piccole aziende agricole a conduzione familiare situate in località Carmasciano e nei comuni di Guardia Lombardi, Rocca San Felice e Frigento, nell’avellinese. Il latte delle pecore, tenute al pascolo nell’area delle antiche “Mefite della Valle d’Ansanto” viene riscaldato a circa 37/40 gradi e coagulato con caglio di agnello o capretto prodotto artigianalmente. Dopo circa 30 minuti dall’aggiunta del caglio si rompe la cagliata, si toglie il siero per la produzione della ricotta e contemporaneamente la parte solida così formata si lavora con le mani fino ad ottenere una pasta compatta che si sistema nella fuscella, il piccolo cestello di vimini dove viene lasciata a riposare per circa 48 ore. Le forme vengono poi scottate nel siero caldo, sfregate con sale e, dopo 10 giorni, spennellate con olio d’oliva, vino bianco e aceto. Si ottiene, così, un pecorino dal sapore unico.
Oltre che dalla modalità di lavorazione, la particolarità di questo formaggio pecorino è data dalle essenze aromatiche presenti nei pascoli della zona, ma anche e forse soprattutto, dalle esalazioni solfuree della mefite che è lì a poca distanza. Il carmasciano può essere più o meno stagionato, consumato a fette o grattugiato. Prodotto di nicchia che in commercio, data l’esiguità della produzione, prevalentemente locale, sconta un prezzo piuttosto elevato.
Ovviamente non può mancare il nostro suggerimento per l’ abbinamento carmasciano – vino: se stagionato, un rosso morbido come un Aglianico invecchiato, se fresco un Fiano, intenso e fine.