Da sorseggiare con un vino prodotto a Paestum
Cilento, terra di colline colorate da ulivi che discendono verso il Tirreno fino a specchiarsi nel suo blu, da sempre crocevia di popoli e tradizione, irrompe nella storia non certo in punta di piedi. Le sue coste rappresentarono la culla di importanti e fervidi centri di cultura greca.
Il Cilento è mare, turismo, cultura, storia, natura e gastronomia ed è proprio la gastronomia che ha avuto, nella storia, una grandissima importanza anche nel campo della medicina. Infatti presso la Scuola Medica salernitana e, ancora prima, presso la Scuola Eleatica la buona cucina aveva caratteristiche igieniche e dietetiche. Certamente la cucina cilentana risente di influssi salernitani, napoletani e greco-bizantini, questi ultimi si possono rintracciare particolarmente nel modo di fare il pane utilizzando la farina di grano e di cereali o nella pasticceria a base di miele, olio, farina, mandorle e aromi. Negli ultimi decenni motore della gastronomia cilentana sono diventate le varie sagre che si svolgono numerose durante tutto l’anno e che hanno reso onore a quelle che sono le eccellenze cilentane. Tra le tante eccellenze, particolare rilievo è stato dato alla pizza. Eh si, proprio la nostra amata pizza.
La pizza cilentana, antica pietanza popolare, affonda le sue radici nei tempi dell’impero romano e rappresenta oggi un piatto tipico del territorio. A differenziarla da quella napoletana sono la preparazione e l’impiego della cacioricotta. La pizza cilentana si ottiene utilizzando lo stesso impasto usato per ottenere il pane, fatto con la semola di grano duro mescolata alla farina di grano tenero e farcita con caprino grattugiato invece che con la mozzarella di bufala. La tradizione contadina voleva che quando si preparava il pane in casa, si cucinava anche la pizza. La farina si impastava energicamente a mano e veniva lasciata lievitare per alcune ore prima di essere stesa nelle teglie di ferro, condita con pomodoro cotto e cacioricotta di capra stagionato. Una volta che il forno era ben caldo, se ne testava la temperatura con la cottura rapida di una ciambella con il buco detta “viccillo”, per poi procedere con la cottura della pizza e, infine, con quella del pane.
La pizza cilentana viene tutt’oggi preparata secondo la ricetta tradizionale.
Scelta quasi obbligata per l’abbinamento vino è l’azienda agricola San Salvatore una storia lunga 40 anni che nasce alle falde del Vesuvio e si sposta, poi, nel parco Nazionale del Cilento, in un’area compresa e distribuita tra Stio, Paestum e Giungano, terra dalle condizioni pedologiche e climatiche ottimali, dove già i Greci, 3000 anni fa, avevano impiantato le loro vigne. Ed è qui che Peppino Pagano, patron dell’azienda ha scelto di far convergere tutte le sue energie. Ed è sempre qui che nasce l’Omaggio a Gillo Dorfles Igt Paestum Aglianico. Questa dedica fatta al famoso docente ultracentenario triestino, nonché scrittore, filosofo, medico e artista di levatura internazionale, è motivata dal fatto che essendo il professore un assiduo frequentatore di Paestum, conobbe Peppino Pagano e tra i due si è subito instaurata una forte e sincera amicizia. In più il professore ha una naturale predisposizione a bere i vini cilentani.
Questo vino dopo la fermentazione e lunga macerazione transita per 24 mesi in barriques di rovere francese per l’affinamento e 6 mesi in bottiglia per l’elevazione. Il tasso alcolico arriva a toccare i 15 gradi.
Color rubino, preziose parvenze floreali, intense esuberanze fruttate, come le ciliegie, le prugne, le more, i mirtilli e i lamponi. E poi il legno che reclama la scena tutta per sé con il suo bouquet di orientaleggianti spezie, come chiodi di garofano, cannella, pepe nero e vaniglia, unite a profumi di erbe aromatiche e sensazioni eteree. L’impatto del vino sulla lingua non fa altro che confermare le percezioni olfattive, persistenti ed equilibrate rimembranze di frutto maturo, di fiori. Al palato tannico e astringente ma con buona morbidezza. Finale lungo e pervasivo. Abbinamento tutto da sperimentare con la pizza Cilentana. Prosit!