
Dalla taverna di Edonè alle botteghe di Ercolano, i “listini” nelle iscrizioni
Le osterie, le taverne; thermopolia, popinae e cauponae: il vino era socialità ancor prima che alimento. Decine e decine sono i luoghi in cui, nell’antica Pompei, si mesceva la regina di tutte le bevande. Ma quanto costava il vino?
La testimonianza più interessante e famosa è, senz’altro, quella che fu scoperta alla taverna di Edonè da Giuseppe Fiorelli negli scavi condotti tra il 1865 e il 1868. E si trova nella stessa area in cui fu rinvenuta una famosa iscrizione “politica” che invitava i pompeiani a votare tali Floro e Frutto, con ogni probabilità l’ennesima variazione sul tema degli sfottò elettorali.
L’iscrizione recita:
Invicte castrense
habeas propiteos
deos tuos tres it
-e(m) qui leges.
Calos Edone.
Valeat qui legerit.
Assibus hic
bibitur; dipundium
si dederis meliora
bibes; qua(t)tus
si dederis vina
Falerna bib(es). Calos Castresi ti(bi)”.
Già il nome dell’oste, Edoné, sarebbe di per sé testimonianza preziosa e interessante. Fin troppo evidente il riferimento al greco, quindi alle radici culturali e all’ambiente ellenistico che fu Pompei e la Campania; Edoné, poi, vuol dire “piacere” e la mitologia ne fa il figlio di Eros e Psiche, uno dei racconti più strazianti e al contempo affascinanti dell’antichità.
Il significato dell’iscrizione, che oggi purtroppo è andata perduta, è stato oggetto di dibattito tra gli studiosi. Una delle ipotesi più accreditate recita: “Invitto Castrense, che i tuoi tre dèi siano propizi a te e a chi legge. Viva Edoné! Salute a chi legge. Edone dice: qui berrai con un asse; con due berrai meglio, se ne darai quattro berrai del Falerno. Viva Castrense!”.
Si tratta, quindi, di un vero e proprio prezzario che propone costi tutto sommato contenuti. Insieme a un’offerta importante, considerando che il Falerno era considerato, nell’antichità, uno dei vini più pregiati, se non il migliore.
A Ercolano, invece, i prezzi salivano. Probabilmente è (anche) questione di quantità perché alla taverna Ad cucumas (Alle brocche?) su un’altra iscrizione corredata dall’immagine di Semo Sancus divinità preposta alla garanzia dei patti e all’onestà (in questo caso nel commercio), si leggeva un listino diverso il vino, era venduto al costo di 2, 3, 4 e 4 assi e mezzo al sestario (una misura di capacità di poco superiore al “nostro” mezzo litro).
A onor di cronaca, c’è però da registrare che un orientamento meno condiviso vorrebbe identificare in quello stesso locale, invece che un’osteria, una bottega di vasellame.